Data Act: il nuovo equilibrio europeo tra innovazione, concorrenza e diritti digitali
05 Dicembre 2025
Il 12 settembre 2025 ha segnato un momento di svolta per l’ecosistema digitale europeo: è entrato in applicazione il Data Act (Regolamento UE 2023/2854). Dopo l’attenzione riservata al GDPR e alle grandi normative come l’AI Act, il Digital Services Act (DSA) e il Digital Markets Act (DMA), il Data Act rappresenta forse il passo più concreto verso la costruzione di un mercato unico dei dati, in cui i soggetti coinvolti – consumatori, imprese, pubblica amministrazione – potranno finalmente beneficiare del valore economico e sociale generato dai dati stessi.
Molti osservatori lo hanno definito una normativa “tecnica”, destinata a interessare soprattutto ingegneri informatici e imprese tecnologiche. In realtà, il Data Act ha una portata molto più ampia: tocca i diritti dei cittadini, ridisegna i rapporti contrattuali tra imprese e incide sul modo in cui i produttori progetteranno i dispositivi connessi. Si tratta dunque di una riforma strutturale, destinata ad avere conseguenze paragonabili a quelle che il GDPR ebbe nel 2018 per la protezione dei dati personali.
1. Origini e contesto normativo
Il Data Act non nasce nel vuoto, ma è parte di una più ampia strategia europea volta a creare uno spazio unico dei dati, capace di alimentare innovazione, crescita economica e autonomia tecnologica rispetto ai grandi operatori extraeuropei.
La Commissione Europea aveva già tracciato questa traiettoria con due strumenti fondamentali:
• Il Regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR) del 2016, che ha posto i diritti delle persone al centro della disciplina sulla privacy.
• Il Data Governance Act del 2022, che ha introdotto regole per facilitare la condivisione dei dati in settori strategici, creando spazi sicuri di cooperazione.
Il Data Act, approvato il 13 dicembre 2023 ed entrato in vigore l’11 gennaio 2024, rappresenta il passo successivo: stabilisce regole comuni sull’accesso, l’utilizzo e la condivisione dei dati non personali, con l’obiettivo di liberarne il potenziale economico. La sua applicazione è avvenuta il 12 settembre 2025, ma alcune disposizioni diverranno operative successivamente, nel 2026 e 2027.
Questa gradualità riflette la complessità della materia: introdurre nuove regole significa incidere su modelli di business consolidati, su rapporti contrattuali preesistenti e su questioni di interoperabilità tecnica e sicurezza.
2. Il cuore del Data Act: i dati appartengono a chi li genera
La filosofia di fondo del Data Act è semplice ma rivoluzionaria: i dati non possono rimanere confinati nel perimetro di chi produce il dispositivo o il servizio, ma devono poter essere riutilizzati da chi li ha generati e, se lo desidera, condivisi con soggetti terzi.
Fino a oggi, infatti, i dati prodotti da dispositivi connessi – auto elettriche, elettrodomestici intelligenti, wearable, macchinari industriali – erano di fatto “bloccati” presso il produttore. Questo comportava conseguenze pratiche significative:
• L’utente non poteva portarli con sé cambiando servizio o fornitore.
• I fornitori indipendenti non potevano offrire servizi alternativi di manutenzione o analisi.
• Le piccole e medie imprese rimanevano escluse dall’accesso a dataset preziosi, limitando innovazione e concorrenza.
Il Data Act ribalta questo schema, sancendo che l’utente – persona fisica o giuridica – ha il diritto di accedere ai dati generati dall’uso dei propri dispositivi e di trasferirli a terzi a condizioni eque, ragionevoli e non discriminatorie (FRAND).
3. Ambito di applicazione: a chi e a cosa si applica il regolamento
L’ambito del Data Act è volutamente ampio, perché intende coprire la vasta gamma di prodotti e servizi oggi connessi a internet e capaci di generare dati.
3.1 Prodotti connessi
• Elettrodomestici intelligenti (frigoriferi, lavatrici, sistemi di riscaldamento smart).
• Dispositivi wearable (smartwatch, fitness tracker, dispositivi medici).
• Auto connesse e veicoli elettrici.
• Sistemi domotici e di sicurezza.
• Macchinari industriali e agricoli dotati di sensori IoT.
3.2 Servizi collegati
• Applicazioni di gestione e monitoraggio.
• Piattaforme cloud ed edge computing.
• Software integrati nei dispositivi.
Il regolamento riguarda dunque sia il lato hardware, ossia i dispositivi fisici, sia il lato software, cioè i servizi digitali che ne permettono il funzionamento e l’elaborazione dei dati.
4. Diritti degli utenti e obblighi dei produttori
Il Data Act stabilisce un equilibrio tra i diritti degli utenti e gli obblighi dei produttori.
4.1 I diritti degli utenti
• Accesso by design: i dispositivi devono essere progettati per consentire all’utente di accedere facilmente ai dati.
• Portabilità immediata: i dati devono essere forniti in formato leggibile e strutturato, senza ritardi ingiustificati.
• Trasferibilità a terzi: l’utente può decidere di condividere i dati con soggetti terzi, a condizioni FRAND.
• Trasparenza precontrattuale: prima dell’acquisto, il produttore deve informare sul tipo di dati raccolti, sul formato e sulle modalità di accesso.
4.2 Gli obblighi dei produttori
• Neutralità e sicurezza: i produttori devono garantire che l’accesso ai dati non comprometta la sicurezza o la riservatezza di informazioni sensibili.
• Tutela dei segreti commerciali: la condivisione non deve comportare la divulgazione indebita di know-how o informazioni riservate.
• Equità contrattuale: vietate clausole abusive nei contratti B2B che limitino ingiustificatamente l’accesso ai dati.
• Cooperazione con autorità pubbliche: in caso di emergenze o esigenze specifiche, i dati devono essere resi disponibili alle autorità competenti.
5. L’interazione con il GDPR: la questione dei dati misti
Uno degli aspetti più delicati riguarda l’interazione tra Data Act e GDPR. Molti dispositivi generano infatti dati misti, ossia composti sia da elementi personali sia da elementi non personali.
Esempio: i dati raccolti da un’auto connessa comprendono sia parametri tecnici (consumi, stato della batteria) sia dati personali (abitudini di guida, spostamenti, percorsi abituali).
In questi casi, prevale la disciplina del GDPR, che garantisce un livello di protezione più elevato. L’accesso e la portabilità previsti dal Data Act devono dunque conciliarsi con i principi di minimizzazione, limitazione delle finalità e consenso informato previsti dal regolamento privacy.
Questa intersezione apre spazi di incertezza, che probabilmente verranno chiariti solo attraverso linee guida delle autorità garanti o tramite la giurisprudenza.
6. Le sfide per le imprese
Adeguarsi al Data Act non è una questione meramente tecnica: comporta un ripensamento profondo delle logiche di business e della gestione contrattuale.
Tra le principali sfide possiamo individuare:
1. Gestione dei dati misti: come distinguere tra dati personali e non personali e applicare le relative discipline.
2. Adeguamento dei contratti: eliminare clausole che possano risultare abusive o discriminatorie.
3. Progettazione by design: modificare l’architettura dei dispositivi per garantire l’accesso diretto ai dati.
4. Sicurezza e compliance: sviluppare sistemi che bilancino apertura dei dati e protezione contro cyberminacce.
5. Portata extraterritoriale: i produttori extra-UE che commercializzano dispositivi in Europa devono rispettare il Data Act, anche se i dati sono raccolti altrove.
7. Le opportunità per consumatori e PMI
Accanto alle sfide, il Data Act apre opportunità significative.
7.1 Per i consumatori
• Maggiore libertà di scelta e riduzione dei costi.
• Possibilità di affidarsi a tecnici o servizi indipendenti.
• Maggior trasparenza sui dati raccolti dai dispositivi acquistati.
7.2 Per le PMI
• Accesso a dati prima monopolizzati dai grandi produttori.
• Possibilità di sviluppare nuovi servizi data-driven.
• Opportunità di entrare in mercati prima chiusi.
7.3 Per il mercato europeo
• Maggiore concorrenza e innovazione.
• Stimolo alla crescita economica nel settore digitale.
• Riduzione della dipendenza dai grandi colossi extra-UE.
8. Come prepararsi: roadmap per le imprese
Per affrontare in modo efficace l’entrata in vigore del Data Act, le imprese dovrebbero già da ora:
1. Condurre un audit dei dati: mappare quali dati vengono generati dai propri dispositivi e come vengono utilizzati.
2. Rivedere i contratti: adeguare le clausole, eliminando quelle che potrebbero essere considerate abusive.
3. Progettare accesso e portabilità: implementare soluzioni tecniche per consentire l’estrazione e il trasferimento dei dati.
4. Formare il personale: diffondere la consapevolezza interna su obblighi e opportunità derivanti dal Data Act.
5. Predisporre strategie di governance: definire politiche aziendali chiare per la gestione, la condivisione e la sicurezza dei dati.
9. Conclusione: una rivoluzione silenziosa ma profonda
Il Data Act è destinato a incidere profondamente sul modo in cui intendiamo i dati digitali. Se il GDPR aveva reso i dati personali un diritto fondamentale, il Data Act trasforma i dati non personali in risorsa condivisa, liberandone il valore economico e sociale.
Per i produttori, questo significa rivedere modelli di business e architetture tecnologiche. Per i consumatori, significa avere più libertà, più trasparenza e più potere decisionale. Per le PMI, significa poter accedere a spazi di mercato finora inaccessibili.
Non si tratta dunque di un mero adempimento burocratico, ma di una sfida strategica: chi saprà interpretarla e integrarla nei propri processi non solo sarà conforme alla normativa, ma potrà trasformarla in un vantaggio competitivo.
Il Data Act è una rivoluzione silenziosa, che non farà rumore come il GDPR nel 2018, ma che nel tempo cambierà radicalmente i rapporti di forza nel mercato digitale europeo, spostando il baricentro dal produttore all’utente, dall’esclusività alla condivisione, dal lock-in alla libertà di scelta.





